Amato e l'Europa che non c'è.
Interessante l’intervista di Giuliano Amato ad Aspenia, riportata parzialmente dal Corriere di oggi. Soprattutto dove dice: “Possiamo anche avere le idee giuste, come europei; ma senza l’America non decolleranno mai”. Segue un opportuno bagno di umiltà: “Passare dalla sfiducia nell’Europa a un eccesso di fiducia nelle sue capacità internazionali, ci porterebbe davvero fuori strada..”.
Benissimo. Anche dove dice che i repubblicani hanno perso le elezioni di mid-term non perché Bush vuole mantenere l’esercito in Iraq, ma perché non sa bene cosa farne: “In realtà è possibile concludere che gli americani non si siano schierati tanto contro la guerra in quanto tale ma contro la sconfitta in guerra”.
Nasce la domanda: ma perché l’Europa conta così poco, perché non è una potenza, perché non sa assumersi una responsabilità internazionale che sia una? Tranne quella di aprire il dialogo con le dittature, cosa che Amato rivendica come una differenza positiva, ma che a me ricorda piuttosto la politica andreottiana, usa a colmare gli spazi vuoti, o meglio i buchi neri, pronta al dialogo con la Libia di Gheddafi in politica estera come con la mafia siciliana in politica interna.
Perché dunque? Fondamentalmente perché gli Usa, pur divisi al loro interno come e più degli europei, hanno saputo elaborare una teoria dei valori condivisi attraverso la costruzione un sistema politico che riconosce non soltanto la divisione dei poteri ma anche l’esercizio dei poteri. Soprattutto del potere politico presidenziale, ragione e regola di unificazione della nazione grazie alla sua stabilità istituzionale e precarietà elettorale. A questo gli americani sono giunti non senza discordie e tragedie, come una sanguinosissima guerra civile. Ma ci sono giunti. L’Europa ha perso la sua grande occasione nel secondo dopoguerra, quando democrazie fragili ma sicure di sé avviarono il cammino verso la federazione. Quel percorso è da lunghissimo tempo in una fase di imbarazzante stallo, o forse nel bel mezzo di sabbie mobili politiche, culturali ed economiche (tanto che forse è meglio che ormai l’Europa non si muova neppure, per non sprofondare sempre più).
2 Comments:
bel post, pieno di cose intelligenti e sensate. All'Europa manca una federazione vera, all'Europa mancano valori condivisi, l'Europa nel mondo conta poco. Però non porrei l'accento tanto sulla federazione e tanto sui valori quando a tutti è chiaro che la mancanza di potenza dell'Europa sta nella sua divisione. Anche se unita l'Europa non avrebbe mai la dinamicità economica degli States che gli permette di guadagnere tre colpi per uno che ne prende. E poi a livello internazionale la potenza è ancora, sempre e soprattutto militare. Gli stati uniti d'Europa se mai verranno non credo avrenno lo stesso perso degli Usa e del loro esercito, marina e aviazione. Poi parliamo anche delle atomiche.
Per arrivarci è necessario sviluppare quel che in Europa non c'è: una destra seria e non di pagliacci, legata a valori occidentali e non hitleriani (tutt'oggi da Haider a Fini con Le Pen la destra rimpiange la casa del Padre) e una sinistra decente (con Bertinotti dico tutto). In mezzo tante buone intenzioni Democristiane che non arriveranno mai a niente e una Socialdemocrazia in avanzato stato di decomposizione (da Schultz a Fassino e Zapatero) che nel continente temo non arriverà mai a un traguardo che sarebbe (oltre che logico) naturale e dovuto: l'apertura al Liberalismo. Dov'è riuscito un Tony Blair non arriveranno mai nè D'Alema nè Segolene Royal nè lo Schultz di prima. (Tra l'altro è notizia di ieri che l'unico vero liberal dei Ds, Nicola Rossi ha lasciato il partito, forse ha già capito quel che sto dicendo qui).
Dove andiamo così? Se arriviamo "a quel paese" è già tanto, ed è molto che io i politici italiani li sprono a questa loro naturale meta.
Europa dei popoli non delle lobbies e delle banche d'interesse. Una Europa veramente libera!
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