Laici? Sì. Ma non fateci giocare la partita statalismo-clericalismo.
Qualche giorno fa l’Osservatore Romano ha celebrato, in una triste ricorrenza (l’assassinio di Vittorio Bachelet), “quella famiglia una e indissolubile nella quale la comunità italiana ha trovato e trova una viva forza spirituale e civile”, parole pronunciate dall’insigne giurista nel remoto 1966. Quella famiglia, più virtuale che virtuosa, raccontata in modo assai diverso da Pietro Germi, esisteva forse prima del 1970, sebbene minata dalle facili e costose procedure di scioglimento praticate dalla Sacra Rota. Certo è che oggi è diventata quasi una rarità e quando esiste è in grazia della volontà dei coniugi, non della legge, né del matrimonio. Perché la famiglia preesiste alle leggi e fiorisce o appassisce sopra ogni terra e sotto ogni cielo. L’identificazione tra famiglia e matrimonio, che i cattolici riconducono a Dio e i laici alla Costituzione, è soltanto ideologica. La famiglia nasce quando una coppia si dona un impegno reciproco di continuità, di assistenza, e di amore.
E’ giusto quindi estendere a tutte le coppie quei diritti individuali e interpersonali che oggi fossero negati sulla base di un discrimine (matrimonio o no) che, se mai l’ha avuto, ha perduto ogni senso, visto come si forma oggi una famiglia in occidente, e anche la rapidità del suo scioglimento. Ma non si deve confondere una carenza di diritti con una discriminazione. La discriminazione non è una linea oltre la quale non puoi spingerti, è un’altra cosa, è un confine che non puoi varcare, e tu sei dall’altra parte. Oggi in Italia la discriminazione colpisce soltanto le coppie omosessuali. Su di esse grava ancora, da noi, l’anatema religioso o culturale. Per questo sono assolutamente favorevole al riconoscimento giuridico della coppia gay. Ma i Dico del Governo non rimuovono, anzi confermano, la discriminazione, limitandosi a estendere, a prescindere dal sesso, alcune forme di tutela individuale. Le persone gay però non aspirano alle tutele dello “stato sociale”, bensì al riconoscimento giuridico del loro “stato civile” di coppia. Diverso è il caso delle unioni fra un uomo o una donna. Esistono anche per loro alcune ingiuste o odiose limitazioni dell’esercizio dei diritti individuali, che si possono correggere subito e con modesto impegno (nell’ospedale, nel carcere, negli affitti eccetera).
Ma non parlerei di discriminazione. Perché non sposarsi, per un uomo e una donna - a differenza di una coppia omosessuale - è frutto di una libera scelta, che può essere liberamente modificata in ogni momento (e non si faccia il caso dei separati in attesa di divorzio: i tempi di attesa dei benefici sociali previsti dai Dico vanno a sovrapporsi proprio ai tempi del divorzio; tempi che sarebbe invece saggio ridurre largamente, soprattutto nel caso delle separazioni consensuali). Se i Dico offrono più o meno gli stessi privilegi del matrimonio civile e molti meno svantaggi, è indubbio che si va a creare un istituto concorrente e più vantaggioso: una terza forma di matrimonio, di non so quale serie, con il ripudio al posto del divorzio (o dell’annullamento). Non crollerà il mondo, ma non credo che il principio di responsabilità ne risulterà rafforzato. E certamente ne soffrirà il principio di libertà, in virtù di uno uno Stato che viene a interferire pesantemente con le sue offerte gratuite di tutela sociale (in realtà a carico dei contribuenti) su una libera scelta di convivenza non codificata. E che apparecchia per giunta il tranello della raccomandata con ricevuta di ritorno in virtù della quale una libera convivenza si trasforma ipso facto in uno pseudomatrimonio, anche senza il consenso del partner. Ennesimo esempio delle distorsioni che nascono dall’ansia di regolamentare anche ciò che con pieno diritto sfugge al controllo dello Stato.
L’ingerenza della Chiesa nella sfera dello Stato è oggi prepotente, ma contrastabile. Ma l’ingerenza dello Stato nel cerchio magico delle libertà individuali è molto più dannosa e lascia lividi molto più dolorosi.Sono queste le mie obiezioni ai Dico. Che mi farebbero militare, secondo quanto ha scritto qualche giorno fa sul Riformista Emanuele Macaluso, del cui pensiero tengo sempre gran conto, nella schiera dei bolscevichi berlusconiani. Non è così. Semplicemente appartengo a una cultura diversa da quella che vede nell’intervento della legge o dello Stato, sempre e comunque, l’esplicazione di funzioni di progresso e di felicità. Forse anche a sinistra, come altrove, sarà un giorno possibile accettare che la si pensi diversamente solo perché la si pensa diversamente.
5 Comments:
Ci fosse da firmare firmerei subito...
n'altra bolscevica ogni giorno meno berlusconiana....:-)
Una legge, quella sui DICO, dettate da profonde ansie giuspositvistiche. E fin qui tutto ok.
Non concordo- e qui da libertario mi faccio conservatore- sull'opportunità di riconoscere pubblicamente l'unione civile di coppie omosessuali.
Non spieghi per quale ragione sianecessaria una tale misura... Con quali garanzie e quali obblighi due persone dello stesso sesso potrebbero unirsi civilmente in matrimonio? Non sarebbe anche in questo caso una mostruosa interferenza dello Stato dispensatore di tutele sociali gratuite?
P.S.: ne ho parlato anche io di DICO sul mio blog.
Ciao
Giovanni
GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO DIRETTORE DI ITALYMEDIA.IT
Finalmente liberi!
di Antonello De Pierro
Era ora! La legge che pone fine all’obbligatorietà del servizio di leva è finalmente una realtà. Termina così la girandola di amarezze e delusioni che la stragrande maggioranza dei nostri giovani, chiamati ad assolvere gli obblighi di leva, è stata da sempre costretta ad incassare, perdendone abbondantemente il conto. Il festival dell’ingiustizia, delle assegnazioni e dei trasferimenti incredibili, decisi al tavolo delle raccomandazioni e dei clientelismi, senza nessuna logica o pudore di sorta: soldati spediti da Palermo a Udine, braccia “rapite” dallo Stato a famiglie bisognose, e rampolli privilegiati, parcheggiati nell’ufficio dietro casa. Il Rubicone della vergogna, attraversato sfacciatamente dai burattinai degli uffici di leva e delle caserme, muovendo inesorabilmente i fili del destino di ragazzi impotenti, spesso sacrificati sull’altare di frustrazioni personali dei superiori, finalmente sta per prosciugarsi. La “pacchia” dei graduati, abilissimi nel sottomettere giovani inermi, facendosi scudo con le opinabilissime leggi militari, che schiacciano, marciandoci sopra con i cingoli, la loro dignità, inizia a intravedere il tramonto. Chi pulirà le caserme, i “cessi” putridi e puzzolenti, le stanze e gli uffici degli ufficiali e dei “marescialloni” spocchiosi? Chi spazzerà i cortili per ore, spettacolo preferito dalle pupille dei graduati, attenti affinché venisse raccolta anche la “cicca” più minuscola (ottimo esercizio per chi avesse voluto impiegarsi come operatore ecologico al termine del servizio di leva, ma perfettamente inutile per la formazione di un soldato)?Chi impartirà lezioni gratuite di latino, greco, matematica o fisica ai figli “somari” di colonnelli e generali, quando il ragazzo laureato preferirà affrettassi a trovare qualche spiraglio nel muro di gomma del mondo del lavoro, piuttosto che seppellire un anno della sua vita nello squallido grigiore di una caserma? Particolarmente difficile appare in questi giorni penetrare quel guscio di riservatezza, che protegge come un’armatura l’universo militare dal mondo dei civili. Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha dribblato con sorprendente abilità la richiesta di un’intervista da parte del nostro giornale. Ma noi, che non amiamo assolutamente mettere il morso alla nostra inarrestabile voglia di verità, non possiamo sorvolare su gravi episodi legati alla moritura “naja”, nutrendoci al banco della nostra esperienza diretta, dove troviamo ricordi che ancora passeggiano vivi nella nostra memoria. Come possiamo non toglierci il sassolino dalla scarpa, foderandoci gli occhi con il prosciutto, di fronte alla verità che preme per scivolare tra le righe di un foglio provvisorio di giornale? Per ognuno un film lungo un anno e con all’incirca lo stesso copione, fatto di angherie, soprusi, arbitrarie privazioni della libertà personale. Un anno trascorso vivendo di nulla ai margini del nulla, con la rassegnazione pronta a spegnere immediatamente qualsivoglia ruggito di vitalità. Finalmente si volta pagina. Agli occhi di chi scrive la memoria mette a fuoco fotogrammi spaventosi. Ragazzi avviluppati dalla spirale del sistema militare, privati della volontà, della dignità stessa di esseri umani, ridotte a puro sussurro. Costretti a subire turpiloqui e ingiurie a più non posso, senza la possibilità di reagire; a mangiare con le mani e ad elemosinare un bicchiere d’acqua nella desolazione dell’Ospedale Militare di Firenze; a dormire con cinque coperte e cinque maglioni in gelide camerate senza riscaldamento (naturalmente nelle camere confortevoli degli ufficiali il caldo era insopportabile); a subire incredibili atti di “nonnismo”, a fare flessioni sulle braccia, portando il naso a due dita da una nauseante quantità di “merda”, troneggiante in bella mostra sul biancore di una “turca”. E molto altro congelato nei file mnemonici degli sventurati protagonisti. Spesso qualcuno più debole non ha retto e ha deciso di chiudere i conti con la vita prima del congedo. Con sorprendente rapidità, sugli scandali sanguinolenti, è sceso sempre puntualmente il velo del silenzio e dell’omertà.
Tutto ciò sarà presto finito. Finalmente!
http://www.italymedia.it
Tutto vero. E poi la Chiesa fa quello che ha sempre fatto, solo che oggi ad una politica più debole e farsesca che mai, appare come una temibile minaccia, anzichè come una legittima e quanto mai scontata, presa di posizione.
Sono pienamente d'accordo con Marco, i veri discriminati restano le persone omosessuali, ma questa legge pur restando un pasticcio dovuto dall'eterogeneità delle forze della maggioranza resta l'unico rimedio ora praticabile a causa del paraocchi dei politici di oggi per garantire a queste coppie omosessuali un po di diritti.
Quindi credo che nonostante siano un bel casino vadano cmq approvati
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