24.1.06

Radicali e ossessione anticlericale

Da"Il velino" del 24.01.06

“Recuperando dal proprio repertorio storico, come Pannella ha fatto, l’anticlericalismo più intransigente e scegliendo una linea ‘zapaterista’ si possono prendere voti ma ci si condanna, rispetto a eventuali processi di aggregazione a sinistra, alla marginalità. Se non altro, perché si antagonizzano i cattolici. Il neo-anticlericalismo, frutto, a mio giudizio, di un eccesso di allarme per l’interventismo della gerarchia ecclesiastica, porta i radicali a sguarnire i fronti su cui più dovrebbero stare. Dove il centrosinistra è più carente: libertà di mercato, garantismo giudiziario, solidale azione fra le democrazie occidentali contro le dittature”. Così, dalla prima pagina del Corriere della Sera, il politologo Angelo Panebianco ha “rampognato” (copyright del segretario radicale Daniele Capezzone) la Rosa nel Pugno e, in particolare, il ruolo di Marco Pannella. Un giudizio severo, contro cui oggi insorge - in un commento che non ha però ottenuto analoga visibilità sul Corriere della Sera - l’editorialista Paolo Franchi, al quale “parlare di neoanticlericalismo”, come ha fatto domenica Panebianco, “che di neoclericali in circolazione a quanto pare non ne vede”, sembra “un po’ troppo”. Interpellato dal Velino, Marco Taradash, portavoce dei Riformatori liberali (i radicali che hanno scelto di schierarsi con il centrodestra), esprime una posizione vicina a quella di Panebianco. “Il ruolo dei radicali nel centrosinistra - dice Taradash - dovrebbe essere quello di aprire un fronte liberista e americano. L’anticlericalismo è più compatibile con la sinistra italiana e con la sua tradizione, spesso tradita nelle pratiche. Ideologicamente, l’anticlericalismo non crea problemi a sinistra. Invece, il mercato e l’atlantismo, l’alleanza con l’asse Bush-Blair rappresentano una rottura forte con una cultura politica che non si è mai liberata di miti marxisti e antiamericani”. Certo, difesa del mercato e atlantismo non sono assenti nell’impostazione della Rosa nel Pugno, “che però oggi come oggi trova il proprio tratto distintivo nell’anticlericalismo”.

Se sul piano ideologico l’anticlericalismo non crea problemi a sinistra, sul piano pratico - continua Taradash - il conflitto nascerebbe, “anche se non ci si arriverà mai. Qualora accadesse, potrebbe riproporsi la contraddizione che si è verificata nel dibattito su amnistia e garantismo: Forza Italia e l’Udc erano d’accordo con i radicali, Ds e Margherita contrari. Se l’azione dei radicali si concentrasse su temi più centrali rispetto alla vita pubblica del nostro paese (penso alla politica internazionale e al liberismo), la sfida avrebbe un maggiore impatto”. Quanto all’anticlericalismo, un conto - sottolinea il portavoce dei Riformatori liberali - è reagire alle pressioni clericali, “un altro è professarsi anticlericali come se la Chiesa disponesse di un potere talebano. L’anticlericalismo, come l’antifascismo, sa di ‘anti’. È giusto essere vigilanti quando ci sono offensive contro la laicità, ma non condivido la professione di anticlericalismo. Il ruolo della Chiesa è complesso e non può essere ridotto al clericalismo: la rivendicazione di un ruolo pubblico è una cosa ben diversa, soprattutto se fondata su un richiamo all’identità cristiana anziché cattolica. Una delle ragioni che ci differenziano dai radicali schieratisi con l’Unione - aggiunge Taradash - è proprio che riteniamo esagerata l’attenzione sull’operato della Chiesa. Tale prevalenza finisce per marginalizzare altri elementi della politica radicale”. Infine, l’esponente dei Riformatori liberali rileva che “scegliere il centrosinistra ritenendolo alternativo alla cultura incentrata sulla partitocrazia e sulla burocrazia, su poteri più inaffidabili che forti, è impossibile: i difensori della sindacatocrazia e del corporativismo sono tutti da quella parte”.