21.2.06

Luca Coscioni

Domenica mattina Oscar Giannino è venuto a portare il suo sostegno all'avventura dei Riformatori Liberali, con un intervento che spero di poter pubblicare presto sul blog. Ieri, lunedì, ci ha raggiunti la notizia della morte di Luca Coscioni. E Oscar ha scritto uno splendido articolo sul Riformista di oggi, che mi sembra il miglior tributo a Luca Coscioni e alla sua battaglia politica e civile per la vita e la libertà. Una lotta che abbiamo condiviso e che condividiamo oggi, da sponde opposte, con la Rosa nel Pugno.


• da Il Riformista del 21 febbraio 2006, pag. 1

La mia riconoscenza a Coscioni Ha fatto della politica un dono
Da un malato, un ricordo di Luca. L’esperienza della malattia messa al servizio di un Beruf weberiano.

di Oscar Giannino

Luca Coscioni è il simbolo di una politica nuova, la sua grandezza è quella di aver moltiplicato la forza della propria condizione di malato al servizio di una politica che torna finalmente a essere pieno e vero Beruf weberiano. Personalmente, da malato meno grave soggetto volontario a terapie sperimentali, da conoscitore e coadiutore da anni in reparti di malati terminali per patologie oncogene come genetiche degenerative, per Luca provo una riconoscenza pari a quella di decine di migliaia di altri malati italiani. Come osservatore di cose politiche, per lui provo però e continuerò a provare assai più che riconoscenza. Chi è per sua fortuna estraneo, all'esperienza delle malattie attualmente ancora senza risposta, a Luca riserva l'ammirazione che si deve alla ferrea determinazione di chi non si perde d'animo, come invece capita purtroppo a tantissimi colpiti dal male, in un mondo che dell'ablazione di malattia e sofferenza ha fatto un suo sciocco paradigma di allontanamento da sé del dubbio sul senso della vita e della sua dignità. Ma chi dentro di sé continua ad avere per la politica una passione alta, deve nutrire per Luca una riconoscenza assai maggiore. Il suo carattere e la sua determinazione nel continuare a interagire nella vita privata e pubblica grazie a nuove macchine (che anche «attraverso di lui» sono state sperimentate) ci dice della sua grande forza.

Ma è come si sia volto tutto ciò a una battaglia politica, che ci dice di una cosa oggi straordinaria. Ci consegna l'eredità di uno dei rarissimi casi in cui la politica non è officium - funzione razionalizzante a vantaggio di sé e della propria parte, secondo gli strumenti e i canoni della scienza politica - ma munus, nel senso romano-repubblicano e cristiano del termine, una missione il cui scopo è realizzare un dono all'altro da sé e dai propri sodali, in nome di una comune appartenza umana.

Luca, in questo, per il potenziamento delle condizioni di vita individuale e fisica è ciò che Emma Bonino rappresenta in termini di godimenti dei diritti di libertà politica in tutti i continenti e a prescmdere dai diversi condizionamenti culturali e geopolitica. Coscioni e Bonino sono le due facce complementari e modernizzanti" - una rivolta al senso di sé nel mondo, l'altra al senso del mondo verso l'impegno che ciascuno di noi gli deve - della declinazione attuale di una battaglia minoritaria. Di quella battaglia radicale e libertaria che Marco Pannella ha avuto la caparbietà corrosiva di far vivere da una radice deliberatamente pugnace, rispetto all'eccesso di realismo che il più del liberalismo italiano ha spesso riservato alle arretratezze storiche del nostro paese quanto a diritti di individui e minoranze. Quanto Pannella risulti indigesto a tanti tradizionalisti, per la deliberata reiteratività provocatoria dei suoi metodi, attesta più delle difficoltà in cui la battaglia è combattuta, che della tenace coazione a ripetere di un carattere irriducibile.

Non è un caso che l'ennesima trasformazione di questa battaglia - la Rosa nel pugno che si presenta alle elezioni avendo caparbiamente fatto discendere dall'esperienza referendaria dello scorso 12 e 13 giugno la scelta di campo filoprodiana - nasca proprio per evoluzione delle scelte alle quali Luca più di chiunque altro - con la sua associazione e iniziative come il Libero congresso mondiale della scienza appena celebrato - ha saputo incardmare la nuova fisionomia radicale. Se ieri Lanfranco Turci ha annunciato la sua candidatura nella Rosa del pugno dopo tanti anni di militanza ed esperienza parlamentare diessina, è proprio per la straordinaria esperienza maturata sotto la comune insegna di Coscioni nel comitato promotore per il referendum sulla legge 40. Detta fuori dai denti, i temi del referendum sulla fecondazione assistita sono in realtà gli unici davvero condivisi con la generalità delle forze di centrosinistra, perché sul resto, dall'insistenza fin troppo conclamata a difesa della scuola di Stato alla politica estera saldamente occidentalista, non è un caso che la Rosa nel pugno voglia e debba minimizzare le differenze talora stridenti, rispetto al programma dell'Unione. Se ieri una firma di punta del Riformista come Biagio de Giovanni ha fatto la stessa scelta di Turci accettando la candidatura nella Rosa del pugno, è assai più per la condivisione del Beruf di Luca ed Emma, che per l'aspettativa di giocare chissà quale ruolo nei concreti equilibri politici dell'alleanza prodiana.

Ricordiamoli allora, gli elementi più preziosi e importanti dell'eredità di Luca. Una risposta netta alla domanda se la scienza sia ancora al servizio dell'uomo, e non ormai pura tecnica autonomizzata e autolegittimante, strumento inesorabile della reificazione dell'uomo nel tramonto spengleriano dell'Occidente e del suo asservimento a una prospettiva di rinuncia a ogni umanesimo. La risposta di Luca è un netto sì, ed è la stessa di chi conosce davvero e di persona, gli scienziati che lavorano sulle linee di cellule staminali embrionali, lontani anni luce da quella caricatura di SS in camice bianco in cui una certa campagna referendaria ha voluto con disprezzo effigiarli, come attori di quell'abominevole eugenetica liberale peggio ancora che nazista di cui parlava l'ultimo Habermas.

Il secondo elemento è che la difesa e la cultura della vita di cui è tenacemente - e per fortuna - impregnato il cristianesimo, diviene paradosso se nega la sua applicazione alla cura dei malati e dei sofferenti di patologie oggi ancora senza risposta, e che solo dalla ricerca possono sperare. Il terzo è che proprio le atroci esperienze della modernità e del secolo scorso "obbligano" noi sostenitori del progresso - non acritici certo, il progresso in cui crediamo non è lineare né positivista - ad ancorarci a un ideale forte di dignità umana che non può essere biologista. Come infatti era una contraddizione per la stessa dottrina cattolica, identificare nell'embrione la piena persona, come né Tommaso né Agostino né Edith Stein né del resto alcuna enciclica hanno mai affermato. E come restano contraddizioni dolorose, che la legge 40 in nome della piena equiparazione tra embrione e vita umana faccia poi a pugni con la facoltà concessa dall'ordinamento di aborto terapeutico a feto formato, e che la piena tutela dell'embrione dimentichi i 30 mila crioconservati soggetti comunque a deperire, e via di questo passo.

Il quarto elemento della lezione di Luca è che senza tale forte ancoraggio umanitario le tecniche di avanzamento della ricerca e del progresso oggi sono condannate a essere ostacolate e magari sconfitte, in nome di un bioproibizionismo sul quale si alleano credenti sinceramente dubbiosi sui limiti etici delle sperimentazioni, insieme però a cinici predicatori di «ritorni ai valori», che sono pronti ad abbracciare dogmi rinnegandone al contempo i fondamenti di fede. Come è accaduto nella campagna referendaria.

Sono tutte materie - quelle della biorivoluzione - che infiammano il dibattito in tutto l'Occidente. Da noi l'arricchimento - non la complicazione, ma l'arricchimento, in senso di sfida intellettuale e politica - è di doverlo fare ancor più direttamente alle prese con la sincera fede di milioni di cattolici, con l'intelligente macchina di comunicazione e apostolato realizzata dalla nuova Cei di sua eminenza Ruini, nonché, purtroppo, con tanti residui conservatori vecchi e nuovi, tartufescamente travestiti da antinichilisti. Quando l'antinichilismo vero è quello di chi, come Luca, ci ha insegnato che vita e salute, ricerca e diritti sono tutti compresi nell'orizzonte umano della dignità, un orizzonte che non confligge affatto né con la fede, con con l'Evangelo. Grazie, Luca. Sappia non solo la Rosa nel pugno, ma ciascuno di noi nella sua vita e nel suo impegno, negli ospedali come in politica, esserne all'altezza.