13.11.05

Segnalazioni - "Tutti a scuola da Tony?" (da Notizie Radicali)

Tutti a scuola da Tony?

di Alessandro Tapparini

“Se si vuole davvero dare alla crescita un'impronta basata sull'innovazione e sulla ricerca allora bisogna aver chiaro che il tema principale è costituito dalla scuola. Parafrasando un famoso slogan, adottato da Tony Blair, potremo dare una semplice indicazione per il programma in corso di elaborazione da parte del centrosinistra: prima priorità, la scuola pubblica; seconda priorità, la scuola pubblica; terza priorità, la scuola pubblica”.
Così Enrico Borselli, intervenendo a Riccione al Congresso di Radicali Italiani, citava la risposta che nel 1997, entrando a Downing Street, Tony Blair diede ad un giornalista che gli chiedeva quali sarebbero state le prime tre priorità del suo nascente governo.
Ma cosa intendeva Boselli in concreto, al di là della generica richiesta di aumento di stanziamenti a favore della scuola statale (e ad un accenno alla questione degli insegnanti di religione, che però è riconducibile al filone “Zapatero” più che a quello “Blair”)?

Sarebbe bene fugare sin d’ora gli spiacevoli equivoci che su questo delicatissimo terreno possono crearsi. Perché il blairismo in materia di pubblica istruzione è roba pesante, anzi pesantissima: sarebbe bene capire se chi lo evoca fa sul serio oppure si concede parole in libertà (..ed è allarmante che un vigoroso plauso a Boselli sia subito giunto dalla colonne dell’organo di Rifondazione Comunista).

In effetti, una delle più importanti e coraggiose imprese realizzate da Tony Blair – affrontando a muso duro la strenua opposizione dei sindacati degli insegnanti – è stata la riforma della pubblica istruzione; ma in quel caso l’aumento dei finanziamenti è stato solo un aspetto della questione, ed è avvenuto in base ad una logica decisamente peculiare, basata su due pilastri.
Il primo pilastro è la radicale rivoluzione meritocratica che pretende qualità da parte di ciascun insegnante, differenziando i salari dei docenti in base ai risultati raggiunti (“Performance Related Pay”) verificati annualmente con un severo sistema di monitoraggio capillare «a tappeto» (anche tramite appositi test di valutazione che erano stati introdotti dalla Thatcher). Un insegnante che risulti molto bravo, guadagna così molto di più di quanto potesse sperare in passato; ma in caso di esito “irrimediabilmente” negativo dei controlli, si può dar corso al licenziamento del singolo insegnante o addirittura alla chiusura dell’intero istituto. Insomma, una vera e propria “tolleranza zero” contro le inefficienze del personale docente.

Il secondo “pilastro” è quello della “privatizzazione”. Blair è uno che ha capito che la “pubblica istruzione” non avrà mai qualità se la scuola statale non viene “messa sotto pressione” dalla sfida della competizione con i privati. Il potenziamento del settore privato venne definito «lo strumento migliore per pilotare il cambiamento e l'innovazione» da Michael Barber, consigliere del governo per le politiche all'educazione.
Nel 2001 il governo Blair ha presentato un “rapporto” intitolato “Schools - Building on Success” in cui si è illustrato il progetto di una scuola che si adatti alle caratteristiche del singolo studente, anche in base alle richieste che il mercato del lavoro esprime nei confronti dei nuovi diplomati.
In questo senso, la politica attuata da Blair – il quale, per inciso, ha mandato tutti i suoi tre figli a studiare in scuole private cattoliche – guarda anche al ruolo competitivo delle scuole private tout-court, ma non solo: investe anche sul mecenatismo dei privati verso qualunque scuola, anche statale. Si pensi alla sponsorizzazione degli istituti «specializzati», altra innovazione introdotta dal governo Blair nel 1999. In pratica, una scuola superiore (per i ragazzi di 11-18 anni) che in aggiunta al Programma nazionale insegni anche una disciplina particolare aggiuntiva (arte, scienza, lingue, economia) riceverà crediti governativi supplementari, purché per farlo reperisca 50.000 sterline (71.000 euro) da fonti esterne, cioè da finanziatori privati. Nel 2003 il giornalista del Financial Times Tobias Jones in un articolo pubblicato in Italia dalla rivista “Diario” spiegava che grazie a Blair “l’ideale dell’Old Labour di istruzione universale è morto e sepolto. L’uguaglianza si siede dietro l’«opportunità». Perciò, la sfiducia del Labour nel «privato» e l’amore per il pubblico, secondo i critici da sinistra di Blair, vengono rovesciati. Ospedali e scuole possono benissimo diventare joint venture «pubblico-private», decentralizzate e indipendenti dal governo centrale. È la devoluzione, la privatizzazione parziale, dei servizi pubblici”.
Attenzione: quello del 1999 non è stato un intervento isolato ma, al contrario, l’inizio di un lungo processo che Blair sta tutt’ora portando a compimento. Il 25 ottobre il ministro dell'istruzione Ruth Kelly ha presentato alla Camera dei Comuni un “Libro bianco sulla scuola” in cui si propone di introdurre forme di autogestione delle scuole da parte di un “consiglio di genitori”, che sia libero di chiedere finanziamenti a qualunque privato disposto a "sponsorizzarli", anche influenzando i contenuti dei programmi scolastici. Due giorni prima con un lungo ed appassionato discorso alla nazione lo stesso Blair aveva spiegato il suo progetto di un sistema “opened up to real parent power”, aperto ad un potere effettivamente nelle mani dei genitori: nel senso che, fermi restando tutti i controlli governativi sulla qualità e sull’efficienza, ogni singola scuola dovrà rendere conto delle proprie scelte didattiche non al governo nazionale o locale, bensì direttamente alle famiglie degli alunni, in modo da creare un vero e proprio mercato dell’istruzione, con la scelta nelle mani dei “consumatori” finali.

Allora: io non dubito che i radicali siano prontissimi ad inerpicarsi su sentieri così scoscesi.
Ricordo che nel Manifesto pro-global di qualche anno fa si affermava: “occorre superare in ogni settore, dalla sanità alla scuola alla ricerca scientifica, le incrostazioni monopolistiche, e favorire quella competizione tra “pubblico” e “privato” che offre più scelte, più opportunità, più servizi per ciascun cittadino”.
E ricordo che Emma Bonino ad una convention radicale nel marzo dell’anno scorso aveva elogiato la scelta del Governo Blair sui servizi pubblici, cioè “quella di rendere il consumatore «re», di offrirgli la possibilità e la responsabilità della scelta. Anche nella scuola e nella sanità”.

Nutro invece seri dubbi che la capacità e la volontà di infilarsi in questa porta stretta alberghi anche tra i compagni di strada socialisti (…“di tutti i partiti”, come diceva Hayek).
Per non parlare, a proposito di programma in corso di elaborazione da parte del centrosinistra, dell’ipotesi di un eventuale Governo Prodi prossimo venturo in grado di sfidare i “movimenti” organizzati degli insegnanti su questo terreno, che mi appare come un vero e proprio esercizio di fantascienza speculativa. Sarei ben lieto di essere smentito dai fatti, ovviamente.

Ma non è tutto. La rivoluzione scolastica blairiana non si limita alla questione del rapporto pubblico-privato: viola anche un altro tabù della tradizionale concezione socialista, ossia l’egualitarismo. Una ulteriore riforma dell’anno scorso prevede infatti che gli alunni vengano distribuiti nelle classi non più solo in base all’età, ma anche in base alle capacità di apprendimento dimostrate. Alle classi di coetanei si sostituiranno così le classi di “altrettanto bravi”. E l’esame finale per il diploma (quello che in Italia molti chiamano ancora “esame di maturità”) sarà aperto a tutti gli studenti tra i 14 e i 19 anni.
A suo tempo Daniele Capezzone sul forum di radicali.it si espresse a favore di un siffatto sistema di istruzione, che “crea una dinamica in cui ciascuno sa che avrà quel che saprà conquistarsi” e che “incentiva tutti all'unica "gara" che davvero conta nella vita, e cioè quella con se stessi, per migliorarsi, progredire, crescere...”. Fece benissimo, a mio modesto avviso. Non mi risulta però che su questo fronte si sia mai registrato un cenno di assenso da parte dei socialisti (“di tutti i partiti”, come sopra); posto che una analoga anche se meno drastica innovazione è presente anche nella tanto vituperata “Riforma Moratti”, che istituisce i “gruppi di livello”, all’interno di classi che possono ospitare bambini di 20 mesi di differenza.

Ecco: non so se Enrico Boselli avesse in mente tutte queste cose, quando evocava Tony Blair a proposito di porre come priorità l’intervento sulla pubblica istruzione.
Forse il suo riferimento si limitava all’aumento dei finanziamenti; ma anche sotto questo profilo sarebbe opportuno ricordargli, a scanso di equivoci, che l’anno scorso per reperire i fondi per finanziare la scuola e la sanità il new labour ha fatto ricorso al taglio di ben 80.000 posti di lavoro “inessenziali” nel pubblico impiego, con, un risparmio annuale fino a 22 miliardi di euro, oltre l'1.5% del PIL inglese. Nell’ambito di quei tagli, sono state chiuse anche numerose scuole medie scadenti, ritenendo che scuole scadenti sono un danno e non una risorsa, e lo sono per i figli degli operai assai più che per i figli dei signori.
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